giovedì, luglio 21, 2005

L'indecenza di chiamarla missione umanitaria..

[...] Sono circa 3.150 i soldati italiani impegnati in 'Antica Babilonia', la missione militare in Iraq che li vede impegnati al fianco ai militari degli Usa, del Regno Unito e di altri 23 Stati che compongono la 'Coalition of willings'. Il decreto legge approvato oggi alla Camera e che passa al Senato, autorizza la spesa, fino al 31 dicembre, di 19.222.168 euro (le nostre fatiche...le tasse che siamo costretti a pagare...ecco che fine fanno) per la prosecuzione della missione umanitaria di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq, al fine di fornire sostegno al governo provvisorio iracheno nella ricostruzione e nell'assistenza alla popolazione' [...]
da http://redazione.romaone.it/4Daction/Web_RubricaNuova?ID=67887&doc=si

Qui sotto le dichiarazioni di Selva di qualche mese fa:

Da Libero del 23 gennaio 2005.
Articolo di
Tommaso Montesano.

«Dobbiamo passare da forza di ingerenza umanitaria a forza combattente». Va subito al cuore del problema, Gustavo Selva, presidente della commissione Esteri della Camera (An). I tempi per cambiare lo status della missione militare italiana in Iraq, spiega, sono maturi. «Basta con l'ipocrisia dell'intervento umanitario: è ora di prendere atto che la natura dell'operazione "Antica Babilonia" è inadeguata alla realtà del terreno. Bisogna rafforzare il dispositivo militare utilizzando tutti gli uomini e i mezzi necessari».

Come?
«Attraverso un passaggio parlamentare che chieda l'applicazione dell'articolo 11 della Costituzione».

Ma non è quello che stabilisce che l'Italia ripudia la guerra?

«Certo, ma anche, leggo testualmente, che la ripudia come "strumento di offesa alla libertà degli altri popoli". E che consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessaria per assicurare la pace e la giustizia tra le Nazioni". Proprio la situazione in cui si trova l'Italia in Iraq».

Spieghi meglio.

«A Nassiriya i nostri soldati non offendono la libertà di nessuno, anzi sono li su richiesta del legittimo governo iracheno; non comandano, visto che fanno parte di un'alleanza più vasta; sono impegnati, attraverso lo svolgimento delle elezioni, ad assicurare all'Iraq pace e giustizia».

Sempre di guerra si tratterebbe, però.

«Ma la guerra in Iraq c'è o non c'è? C'è. Ovvio. Ed è combattuta da un fronte internazionalista guidato da un fondamentalista islamico come Osama Bìn Laden. E contro chi sparano? Non solo contro gli americani, ma soprattutto contro i civili e i militari iracheni. Contro un sistema che vuole "pace e giustizia", appunto».

Il Quirinale come la prenderebbe?

«Il Colle sarebbe tenuto a rispettare la volontà del Parlamento. Spetta alle Camere, Costituzione alla mano, la deliberazione dello stato di guerra».

Torniamo ai mezzi inviati in Iraq. Gli elicotteri d'attacco "Mangusta" sono pronti. Non impiegarli, quindi, cuna scelta politica. Perché?

«La responsabilità politica parte da lontano. Abbiamo dovuto mascherare "Antica Babilonia" come operazione umanitaria perché altrimenti dal Colle non sarebbe mai arrivato il via libera».

Così a rimetterci sono stati i nostri soldati...

«Ricordo gli otto- dieci punti dell'ordine del giorno che autorizzavano la prima missione irachena. Erano pieni di "questo non è consentito"; "questo non si può fare", "quell'altro non è possibile". Così in Iraq addestriamo la polizia, aiutiamo i civili, teniamo libere le strade, ma, data la natura della missione, non possiamo fare altro. Limitazioni che poi si sono dimostrate decisive ai fini dell'obiettivo. Quello, ripeto, di stabilire pace e sicurezza».

Non c'è stato anche un errore di valutazione militare?

«Certo. Il Quirinale, ma anche il Parlamento, scelse di percorrere una strada che allora si pensava potesse essere sufficiente per garantire contemporaneamente la sicurezza e l'avvio della ricostruzione. Oggi, purtroppo, non abbiamo ottenuto né l'una, né l'altra».

Il rafforzamento militare deve essere finalizzato alla sola scadenza elettorale?

«No, anche dopo ci sarà bisogno di uomini e mezzi che sappiano garantire quella funzionalità e quella operatività di cui avrà bisogno la polizia irachena per riportare ordine e pace sul terreno».

Dall'opposizione contestano il fatto che, agli occhi della popolazione, gli elicotteri d'attacco Mangusta" potrebbero dare dell'Italia un'immagine guerresca…

«Devono dare la sensazione che l'Italia è sul posto per aiutare gli iracheni, ma non per essere rinchiusa in una sorta di Fort Alamo in attesa di difendersi».

l'Italia deve anche fare i conti con i pochi fondi destinati alla Difesa. Non è ora che l'Italia cominci a considerare le spese mili tari come una priorità?

«Il panorama mondiale è cambiato: c'è un a guerra del fondamentalismo islamico contro la quale oggi non abbiamo mezzi sufficienti da impiegare. L'intelligence da sola non basta quando i terroristi, come dimostra
l'esperienza irachena, si sono stabiliti sul terreno».

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