venerdì, agosto 12, 2005

Cristianesimo reale a confronto con tasse e sistema bancario

di NEREO VILLA

L'economia riprende nella misura in cui il cittadino sovrano - rifiutandosi di
pagare le tasse in modo legittimo, in base al suo diritto-dovere
cristiano, chiamato epikéia, principio interpretativo (diritto
canonico) che non tiene conto di una legge, e che entra in vigore
quando il suo adempimento risulti immorale - comincia a pretendere che
il morale principio della tassazione, consistente nella giustizia
distributiva della ricchezza (in linguaggio biblico “tzedakà”) sia
applicato alla moneta in sé (ricchezza nazionale tutta), e non più solo
al salario, cioè al reddito proveniente dal sudore della fronte del
cittadino. Ciò è immorale perché, in tal modo, il principio
costituzionale della progressività (= meno tasse ai poveri), non è
rispettato, ma trasformato in progressività al contrario: dove il
povero paga di più. La vigente fiscalità (reddituale) genera povertà in
quanto le aziende, per non essere costrette a chiudere, devono
scaricare le tasse sul prezzo delle merci. Di conseguenza avviene che
nel prezzo di un caffé le tasse sono già inconsciamente pagate. E così
è per tutto, vale a dire per ogni altro servizio in cui, accanto al
prezzo dei costi, vi sia per esempio, la dicitura “più iva”, o di ogni
altra imposta del valore aggiunto. Tale “aggiunta” pesa soprattutto sul
povero, che oltre alle sue tasse, deve sostenere anche quelle contenute
in tutti i prezzi, maggiorati a causa di questo occulto anatocismo di
Stato (anatocismo significa “tassa sulla tassa). Ciò è iniquo perché
rende povero il povero, e rende ricco solo chi lo governa. Il povero
infatti non può scaricare, e scarica solo il suo portafoglio. Da tale
anti-logica proviene anche l'iniquo paradosso per cui: più cresce il
progresso tecnico, e meno il cittadino può goderne. Oltretutto, se il
lavoro lo fanno sempre di più le macchine, il cittadino perde
paradossalmente il suo diritto al lavoro, e non lavorando, diventa
sempre più povero. Invece, gli istituti multinazionali e le banche
centrali, arricchiscono con i soldi prelevati al cittadino attraverso
il signoraggio dei mezzi di produzione e di creatività, esteso fino
alla creazione tipografica della cartamoneta. E fino a prova contraria,
poiché il signoraggio costringe i governi a imporre tasse per pagare
interessi sul “debito pubblico”, creato con emissione fraudolenta di
denaro “prestato” allo Stato, e che lo Stato dovrebbe stampare o
emettere da sé, pagare le tasse è immorale perché costringe il
cittadino a pagare in realtà il “pizzo” ai “signori” creatori di
moneta, vale a dire ad avallare un sistema delinquenziale tanto
organizzato quanto massmediaticamente occultato. Il signoraggio è
infatti un anacronistico pedaggio sull'uso dei soldi, iniquo in quanto
dal 1971 (fine degli accordi di Bretton Woods) le “signorie” che li
emettono non offrono più la garanzia “pagabile a vista al portatore”,
essendo state abolite la convertibilità e le riserve auree. La
cartamoneta attualmente emessa infatti prende valore non quando è
ancora nelle mani del tipografo (o di chi la emette) ma solo quando è
nelle mani di chi la riceve, e che la accetta come “prestito”
presumendo, “ingenuamente”, che abbia già valore. Dunque delle due,
l'una: se il soggetto di tale ingenuità è lo Stato - e lo Stato non sa
- si tratta di uno Stato incosciente e quindi irresponsabile; se invece
lo Stato sa, si tratta di iniquità cosciente, e quindi di delinquenza
organizzata al massimo livello di “scientificità” giuridica. Prestiti o
pedaggi infatti hanno senso solo in riferimento a proprietà. Ecco
perché, di fronte a tale immoralità e iniquità, il cittadino sovrano
deve valersi del diritto di epikeia, fino a quando il principio della
tassazione non sia correttamente applicato. Allora l'economia riprende.
In sintesi: l'economia riprende paradossalmente quando non si paga più
la paradossale “Iva” sul sacrificio (l'“Iva” è solo l'esempio di una
tassa, ma il discorso è riferito a tutte le altre) ma solo sulla moneta
all'atto dell'emissione. Ciò è possibile secondo le “antiche”
indicazioni dell'agente tributario Matteo, che si rifà, nel suo
Vangelo, al profeta Osea (Osea, cap. 6, vers. 6) sul concetto di
sacrificio, e che sono le “moderne” indicazioni di Steiner, Gesell,
Pound, Douglas, e di altri studiosi di economia, a cui mi associo, sul
denaro datato. Attuandole, i prezzi - grazie alla competitività, che è
l'essenza dello scambio delle convenienze, propria al mercato ed
all'economia - non possono che diminuire progressivamente. Infatti non
è il commerciante il colpevole dell'aumento dei prezzi, ma
l'anti-logica applicata all'economia. La giusta logica (logos) dipende
però solo dal coraggio della consapevolezza del cittadino, non dalle
leggi, perché di leggi ce ne sono anche troppe. Questo è il mio parere.
Abbasso il signorsì. Abbasso il signoraggio bancario. Non chiamate
nessuno Signore. Uno solo è il vostro Signore. Questo è solo un aspetto
della reale rivoluzione cristiana, la cui conoscenza si sta espandendo
a macchia d'olio. Per verificarlo, basta digitare, in qualsiasi motore
di ricerca internet, la parola “signoraggio”. I nipoti dei nostri
nipoti troveranno forse loro il coraggio necessario per attuare il
cristianesimo reale, che a tutt'oggi di fatto non esiste. Perché il
“fate questo in memoria”, oggi riguarda l'ostia, e non la distribuzione
reale della ricchezza, che tali parole dovrebbero simboleggiare in
senso messianico reale.

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